La Corte di Cassazione e l’Illegittimità del Decreto di Ispezione Informatica
- Fiorenzo Auteri
- 2 ago 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Introduzione
La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, del 30 luglio 2024, n. 31180, ha stabilito un importante principio in materia di prove digitali. La Corte ha dichiarato illegittimo il decreto di ispezione informatica emesso dal pubblico ministero che, prima di restituire la “copia forense” dei dati acquisiti tramite sequestro probatorio di telefoni cellulari, annullato dal tribunale del riesame, procede nuovamente all’acquisizione dei medesimi dati.
Questo provvedimento, non rispettando la decisione giurisdizionale, comporta l’annullamento del potere dell’organo inquirente di incidere ulteriormente sul bene in questione, non soggetto a confisca obbligatoria, configurando così una violazione della sfera di libertà e segretezza della corrispondenza, come tutelata dall’art. 15 della Costituzione.
Le “chat” acquisite in tale modo risultano affette da “inutilizzabilità patologica” e non possono essere impiegate né nella fase delle indagini né a fini cautelari.
Il Caso
La sentenza n. 31180 della Sezione VI della Corte di Cassazione, emessa il 30 luglio 2024, affronta un tema di rilevante importanza nel campo del diritto penale e delle prove digitali. La Corte ha esaminato il caso in cui il pubblico ministero aveva disposto la restituzione della “copia forense” dei dati contenuti in telefoni cellulari, precedentemente sequestrati in via probatoria e il cui sequestro era stato annullato dal tribunale del riesame.
Contesto Normativo
Secondo l’art. 15 della Costituzione Italiana, “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. Qualsiasi limitazione può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge. La sentenza in oggetto ha ribadito questo principio, sottolineando l’inviolabilità delle comunicazioni, anche in forma digitale.
Il Decreto di Ispezione Informatica
Il pubblico ministero, prima di restituire i dati acquisiti tramite sequestro probatorio, aveva emesso un nuovo decreto di ispezione informatica per acquisire nuovamente gli stessi dati. La Corte ha ritenuto questo atto illegittimo in quanto contrario alla decisione del tribunale del riesame che aveva annullato il sequestro probatorio. Tale atto, infatti, comporta la violazione della decisione giurisdizionale e il venir meno del potere dell’organo inquirente di incidere ulteriormente sul bene.
Conseguenze della Decisione
La Corte ha chiarito che l’acquisizione dei dati in tali circostanze configura una violazione della sfera di libertà e segretezza della corrispondenza. I dati acquisiti in questo modo sono affetti da una “inutilizzabilità patologica”, il che significa che non possono essere utilizzati in alcuna fase del procedimento penale, né durante le indagini né per fini cautelari.
Implicazioni Pratiche
Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per le indagini penali, in particolare per quanto riguarda la gestione delle prove digitali. Gli organi inquirenti devono rispettare rigorosamente le decisioni giurisdizionali e non possono bypassare tali decisioni attraverso decreti di ispezione che violino la sfera di libertà garantita dall’art. 15 della Costituzione.
Conclusioni
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, n. 31180 del 2024, rappresenta un significativo monito per il rispetto delle garanzie costituzionali nella raccolta e gestione delle prove digitali. La protezione della libertà e segretezza della corrispondenza rimane un pilastro fondamentale del sistema giuridico italiano, e ogni tentativo di eludere tale protezione deve essere considerato con estrema serietà.
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